Dal congresso nazionale dell’AIOM di Roma l’appello degli specialisti e delle Associazioni dei pazienti. Servono parametri certi e trasparenti per definire le terapie farmacologicamente ‘innovative’

di Carlo Mamogno

I farmaci oncologici innovativi devono essere subito disponibili in tutta Italia. E’ questo l’appello alle istituzioni che parte dal XIV° Congresso Nazionale dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), appena conclusosi a Roma, affinché venga immediatamente istituito un tavolo di lavoro con il coinvolgimento delle associazioni dei pazienti. Perché oggi in alcune Regioni i ritardi dovuti all’ulteriore approvazione di questi trattamenti nei Prontuari Terapeutici Regionali rischiano di compromettere la qualità delle cure. Ma i pazienti non possono più aspettare e gli oncologi, che ogni giorno lottano in prima linea contro il cancro, sono preoccupati. Chiedono che sia subito
applicato senza modifiche il Decreto Balduzzi (Decreto Legge 13 settembre 2012, n. 158) che stabilisce l’immediata disponibilità dei trattamenti innovativi in tutte le Regioni dopo il giudizio positivo Agenzia Italiana del Farmaco (AIFa), senza attendere l’approvazione delle singole commissioni regionali e provinciali ed il successivo inserimento nei Prontuari Terapeutici Regionali, che vanno profondamente ripensati.

«L’obiettivo - spiega il prof. Stefano Cascinu, presidente AIOM - è monitorare l’effettiva applicazione del Decreto Balduzzi e definire il budget annuale dell’oncologia nel nostro Paese. In Italia i farmaci oncologici rappresentano il 25% della spesa ospedaliera per i medicinali,ma incidono solo sul 4% dell’intera spesa nosocomiale. Non solo. Le uscite per i farmaci oncologici sono rimaste sostanzialmente stabili negli ultimi anni, passando da 1,390 miliardi di euro nel 2008, a 1,550 nel 2010, a 1,530 nel 2011. È quindi necessario agire sulle zone grigie dell’inappropriatezza. Basti pensare che vi sono terapie di non comprovata efficacia che costano ogni anno al sistema circa 350 milioni di euro, il peso delle visite di controllo è pari a 400 milioni». Dall’autorizzazione europea di un farmaco alla delibera che ne permette l’immissione in commercio in Italia trascorrono in media dai 12 ai 15 mesi: basti pensare al vemurafenib per il melanoma o al farmaco per il trattamento del tumore ovarico. E ulteriori ritardi sono determinati dai tempi di latenza per la messa a disposizione a livello regionale dopo le approvazioni degli enti regolatori internazionali e nazionali.

«È inaccettabile – sottolinea il prof. Francesco De Lorenzo, Presidente della Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) – che nel nostro Paese ancora perdurino difformità di accesso alle terapie. Ci auguriamo che la conversione in legge del provvedimento del Ministro Balduzzi ne mantenga il principio cardine: l’abolizione del terzo livello, regionale, di valutazione. Sono sufficienti le approvazioni da parte dell’ente regolatorio europeo (EMA) e italiano (AIFA). Questo decreto ristabilisce il principio costituzionale di tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. I malati di tumore hanno diritto, per la grave patologia cui sono affetti, di ricevere sempre, ed ovunque residenti, la migliore terapia possibile, nel rispetto del principio di uguaglianza»

Fonte: L'Avvenire, 30/10/2012

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