Fonte: Vita dell'08/05/09

Le associazioni di volontariato che operano nell’ambito del sostegno ai pazienti affetti da tumore e ai loro familiari rappresentano un capitale sociale di grande rilievo, non solo per l’opera quotidiana che svolgono all’interno delle strutture e dei servizi sanitari a fianco dei pazienti e degli operatori della sanità, ma anche perché hanno dato un contributo importante a dinamiche di innovazione dell’assistenza che hanno avuto impatti positivi sulla stessa qualità dell’offerta sanitaria; si pensi, a questo proposito, al L ruolo molto positivo che in ambito oncologico (ma anche per altre patologie) può avere la disponibilità di informazione che proprio molte associazioni garantiscono o anche la promozione di una conoscenza dal punto di vista del malato.

Nel corso dell’attività svolta dai volontari della Favo sul campo, accanto ai malati e alle loro famiglie, è emerso un aspetto particolare che merita di essere meglio approfondito e rappresentato nelle sue connotazioni qualitative, quantitative, economiche, organizzative, territoriali e sociali. Si tratta del fenomeno che potremmo definire delle inaccettabili difformità assistenziali che penalizzano i malati oncologici.

Di qui la neccessità di arrivare a una ricerca come questa sulla difformità della terapia oncologica in Italia condotta dal Censis in collaborazione con Favo, e con la partecipazione di Aiom, Airo ed Inps, e volta a delineare i tratti principali della risposta sanitaria ai bisogni assistenziali dei malati di tumore, e basata su una pluralità di metodologie e attività. La ricerca, che viene presentata il 3 maggio a Roma, è stata realizzata attraverso una rilettura dei dati strutturali e di indagini diverse, come ad esempio il Libro bianco sull’oncologia in Italia e il Rapporto sulla radioterapia in Italia; è stata fatta un’indagine su un panel ampio di associazioni del volontariato oncologico, centrata sull’assistenza domiciliare, il sostegno psicologico e l’informazione; un’altra indagine è stata fatta su un panel di strutture sanitarie, sulla disponibilità di informazioni per i pazienti oncologici.

Ecco una sintesi dei risultati della ricerca sulle cure ai malati oncologici:
DALL’ASSISTENZA DOMICILIARE A QUELLA PSICOLOGICA: IL PAESE DELLE DIFFORMITÀ


Sono circa 2 milioni gli italiani che nel corso della loro vita hanno avuto una diagnosi di tumore. Liguria e Friuli Venezia Giulia sono le regioni con il più alto numero di malati. I nuovi casi nel 2008 sono stati 431 ogni 100mila abitanti per le donne e 483 per gli uomini. Migliora costantemente la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi, pari secondo gli ultimi dati disponibili al 47% (in linea con la media europea). I dati mostrano che si tratta di una patologia ormai cronica e di massa, tanto che nel periodo 1998- 2008 circa il 57% delle inabilità pensionabili accolte dall’Inps nei confronti dei lavoratori assicurati presso l’Istituto è ascrivibile a patologie tumorali. Per fare il punto sulla risposta complessiva della sanità italiana ai bisogni assistenziali legati alle patologie tumorali, che vanno cronicizzandosi e che richiedono un’assistenza sempre più complessa, è stata relizzata la ricerca del Censis. Ecco alcuni risultati.

Le disparità di trattamento da parte dell’Inps
Esiste un’articolazione territoriale delle modalità di concessione ed erogazione della invalidità civile; infatti, allo stato attuale all’Inps sono demandate la concessione e l’erogazione dell’invalidità civile in otto regioni (Piemonte, Liguria, Marche, Abruzzo, Lazio, Campania, Molise, Basilicata e Calabria), in quattro comuni di diverse regioni (Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, e Puglia) e in 2 Asl (Lombardia e Veneto); in Puglia è stata attivata la convenzione, in fase di stipula. L’esistenza di diversi soggetti istituzionali con potere concessorio (Regioni, Province, Comuni, Prefetture, Inps) determina una disomogeneità nei tempi di pagamento delle prestazioni economiche per invalidità civile che potrebbe essere risolta attribuendo ad un unico soggetto il compito.

La riabilitazione oncologica
Già nel Libro bianco sulla riabilitazione S oncologica, pubblicato ad ottobre del 2008, era stato segnalato che il Sistema sanitario italiano non prendeva in considerazione le patologie oncologiche come generatrici di specifici bisogni riabilitativi. La riabilitazione oncologica non è contemplata come livello di assistenza da garantire a tutti in caso di bisogno, né nella normativa nazionale, né nella gran parte delle disposizioni regionali, con lodevoli eccezioni quali quelle della Toscana e del Piemonte. Né esiste un Piano oncologico nazionale approvato ed applicato per tutto il Paese.

L’assistenza domiciliare integrata
È con riferimento all’Assistenza domiciliare integrata (Adi) che i dati ufficiali mettono in luce aspetti che preoccupano notevolmente i malati oncologici. Le prestazioni dell’Adi sono riservate prevalentemente alle persone anziane e i malati oncologici vi figurano soprattutto tra i pazienti terminali (8,08% delle persone assistite in Adi). In termini quantitativi, poi, l’assistenza resa dal Sistema sanitario è di modesta entità con una media nazionale di 8,03 casi trattati ogni mille abitanti e una media di 22 ore d’assistenza resa per caso trattato (di cui 15 ad opera di infermieri, 4 di terapisti della riabilitazione e 3 di altre figure, in prevalenza di assistenza sociale). Anche nel caso dell’Adi, le difformità tra Regioni sono marcate, variando da 1,18 casi di assistenza domiciliare per mille abitanti in Valle d’Aosta (1,40 nella Provincia autonoma di Bolzano e 2,55 in Sicilia) a 34,11 casi in Puglia (20,50 in Friuli Venezia Giulia).

Le difformità nell’accesso ai farmaci oncologici
Per quanto riguarda la situazione della disponibilità di farmaci oncologici nelle diverse regioni per i relativi pazienti, dalla ricerca risulta che esistono difformità nei tempi di emanazione delle norme per la rimborsabilità regionale dei farmaci prescritti in regime di Ssn, laddove tali Prontuari esistono. Nelle 14 Regioni nelle quali esiste un Prontuario terapeutico regionale, tale esistenza si traduce a volte in un fattore di potenziale discriminazione, in quanto può determinare ritardi dovuti ai tempi impiegati dalle Commissioni preposte per autorizzare la rimborsabilità, dopo che un farmaco è stato varato dall’Aifa. Diversa si presenta la situazione nelle regioni in cui avviene una automatica ammissione alla rimborsabilità dei farmaci autorizzati dall’Aifa, come Piemonte e Lombardia.

L’assistenza psicologica
Alle associazioni è stato chiesto di indicare la quota di pazienti che, secondo loro, beneficia del sostegno psicologico offerto dalla Asl nella loro zona di competenza; dai dati emerge che, in media, è poco più del 26% del totale dei pazienti, con una punta di oltre il 38% al Nord, mentre al Sud la quota scende al 12%. I dati strutturali sui servizi di sostegno psicologico nei centri di oncologia medica indicano una consistente diversità regionale con un’oscillazione che va da 0,83 per 100mila abitanti in Umbria a 0,17 in Puglia.


Quali le principali conclusioni emerse dalla ricerca?
Alla luce dei risultati emersi appare importante fissare almeno due priorità:

1. La necessità di potenziare l’offerta sanitaria negli aspetti che più rispondono alla domanda assistenziale legata alla cronicizzazione della patologia: vale a dire, l’assistenza domiciliare, il supporto psicologico anche in ambito ospedaliero, la riabilitazione e la produzione di flussi informativi, che facilitino le scelte che i cittadini devono operare all’interno del percorso terapeutico- assistenziale.

2. L’esigenza di rendere più omogenea sul piano territoriale l’offerta e la gamma di strutture e servizi oncologici, spingendo verso l’alto le realtà che sulla base dell’indagine condotta sembrano ancora “arrancare”. A questo proposito, non si tratta tanto di puntare sull’impossibile, quanto piuttosto di fare benchmarking, utilizzando come parametri di riferimento quelle realtà regionali che, già adesso, hanno livelli più elevati di copertura nei vari punti della filiera assistenziale per l’oncologia.