Dal 1° gennaio 2026 entra in vigore una norma che amplia i benefici, non solo per i pazienti oncologici, ma anche per le persone con una patologia rara o una cronica
Lo stipendio che si riduce, le ore di permesso che non bastano mai, la paura di essere licenziati: una diagnosi di cancro ha conseguenze anche sulla condizione lavorativa, aggiungendo ulteriori preoccupazioni nella vita di chi già deve affrontare un impegnativo percorso di cure. I numeri parlano di oltre un milione e 100mila lavoratori, vale a dire un terzo dei pazienti oncologici in Italia, che ora, grazie a un disegno di legge approvato dal Senato in via definitiva (Legge 106/2025), in vigore dal 1° gennaio 2026, possono contare su alcune tutele in più.
Un passo avanti oppure come sostengono in molti la montagna ha partorito il topolino? «È positivo che il Ddl sia stato votato all’unanimità, come era successo nel 2023 per la legge sul Diritto all’Oblio oncologico: significa che c’è una grande sensibilità sul tema. Inoltre, è un buon risultato che le nuove tutele siano state estese non solo ai pazienti oncologici, ma anche a chi ha una patologia rara o una malattia cronica. Purtroppo, però, non sono state accolte misure fondamentali, nemmeno quelle a costo zero come il divieto di lavoro notturno. Interventi semplici, di buonsenso, che avrebbero potuto fare la differenza nella vita dei lavoratori fragili», sostiene Elisabetta Iannelli, segretario generale Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (Favo) e presidente dell’Associazione Italiana Malati di Cancro (Aimac) che da quasi trent’anni si batte per evitare le discriminazioni sul posto di lavoro.
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