di Renata Gualtieri

Nel piano oncologico nazionale per il biennio 2010-2012 è stata riconosciuta l’importanza dell’informazione in ambito oncologico. Per i malati di cancro, anche secondo recenti studi europei, l’informazione rappresenta la prima medicina.

La conferma viene da uno studio condotto da Aimac e Aiom, in cui si evidenzia che gli strumenti informativi (libretti, dvd, opuscoli) migliorano il rapporto medico-paziente nel 90% dei casi. La sempre più ampia diffusione dei mezzi di comunicazione di massa – sottolinea Francesco De Lorenzo, presidente di Aimac – ha accresciuto i bisogni di informazione sia da parte dei malati che dei loro familiari». Inoltre, con l’introduzione del consenso informato «si è di fatto rivoluzionato il rapporto medico/paziente – prosegue l’ex ministro – mettendo il malato di fronte alla responsabilità di conoscere la propria malattia per partecipare alle decisioni».

La possibilità di compiere ricerche autonome, all’interno di una sovrabbondante disponibilità di risorse «espone, tuttavia, il cittadino anche abile e provvisto di buona cultura generale, al rischio di disorientarsi rispetto alla mole di informazioni “accessibili”, tra l’altro non sempre affidabili sotto il profilo clinico-scientifico». Una buona informazione, quindi, inserita in un processo di comunicazione efficace, «risulta essere sempre più uno strumento di lavoro per il sistema salute», ribadisce De Lorenzo.

Tutto ciò rientra negli obiettivi del Piano oncologico nazionale 2010-2012 laddove viene sottolineato che l’informazione sulle cure oncologiche deve essere sempre ancorata a parametri di elevata scientificità, rifuggendo dalla divulgazione di messaggi che promettono risultati terapeutici non avallati dalla comunità scientifica e che è necessario garantire una comunicazione equilibrata in grado, tra l’altro, di evidenziare benefici e rischi delle nuove tecnologie.

Help-line è uno dei servizi offerti da Aimac.

Quali sono le richieste più frequenti fatte dai malati di cancro o dal loro familiari?
«L’Help-line ha sede presso Aimac ed è un servizio telefonico e telematico nazionale di accoglienza e informazione in oncologia. Un’équipe di operatori - appositamente formati all’accoglienza, all’ascolto e alla rilevazione del bisogno informativo - avvalendosi della consulenza di varie professionalità fornisce risposte alle specifiche necessità espresse dagli utenti, che nel 2009 sono stati circa 2.500. Le richieste inoltrate all’Helpline di Aimac riguardano soprattutto i benefici socio-previdenziali cui si ha diritto durante le fasi delle terapie e del follow-up; informazioni sull’iter diagnostico terapeutico (26%); informazioni sulle associazioni di volontariato (23%) e sulle possibilità esistenti sul territorio di ricevere supporto psicologico (38%) e sugli aspetti nutrizionali».

Quanto è importante partire dalle reti contro un’emergenza planetaria come il cancro?
«Sono talmente convinto che le reti siano fondamentali che nel 2003 ho fondato Favo, la Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia, l’associazione delle associazioni di volontariato a servizio dei malati di cancro e delle loro famiglie che contribuisce a creare sinergie fra le diverse associazioni e ad assicurare una rappresentanza unitaria dei malati nei confronti delle istituzioni. È costituita da oltre 500 realtà, molte delle quali diffuse su tutto il territorio nazionale attraverso rappresentanze in tutte le province, per un totale di circa 25.000 volontari (nella maggior parte dei casi malati o ex malati) e 700.000 iscritti a vario titolo.

Le associazioni federate si diversificano tra quelle che operano presso i centri di cura e i presidi sanitari, quelle che operano nelle proprie sedi, quelle che assistono malati affetti da particolari neoplasie e anche da alcune che si occupano di oncologia pediatrica».

Come si possono tutelare i diritti e gli interessi dei malati di cancro?
«La norma del part time contenuta nella Legge Biagi del 2003, come è noto, riguardava solo i dipendenti del settore privato. Ma in occasione dell’iter che ha portato all’approvazione della Finanziaria 2008, è stato possibile estenderla anche ai dipendenti del pubblico impiego e, in diversa misura, ai familiari o conviventi che assistono il malato. Così oggi tutti i lavoratori dipendenti con posto fisso hanno in mano un valido strumento per non essere espulsi dal processo produttivo, mentre i loro familiari, se lavoratori, acquisiscono un titolo preferenziale rispetto ai colleghi nel mutare l’orario di lavoro (da tempo pieno a tempo parziale) e potersi prendersi cura del congiunto affetto da neoplasia. È inoltre in corso di realizzazione anche il progetto sperimentale, finanziato dal ministero del lavoro, insieme a Eni, Inps, Sodalitas e Consiglio provinciale dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Milano chiamato “Una rete solidale per attuare le norme a tutela dei lavoratori malati di cancro sui luoghi di lavoro”.

L’attività di lobbying svolta da Aimac a partire dai primi anni del XXI secolo ha indotto le autorità politiche a recepire e concretizzare innovative azioni per dare risposte ai nuovi bisogni dei malati di cancro che sono sempre più malati cronici. Il sostegno socio-assistenziale e la tutela del lavoro sono aspetti riabilitativi di fondamentale importanza per il miglioramento della qualità della vita, per il ritorno alla vita dopo una diagnosi di cancro. Si possono tutelare i diritti e gli interessi dei malati di cancro sicuramente facendoli conoscere ai malati e ai loro familiari. A tale scopo abbiamo creato anche il libretto informativo “I diritti dei malati di cancro”, scaricabile dal nostro sito».

Cosa è stato fatto in questi anni?
«Nei 5 anni di attività di Favo tutto è cambiato, l’associazione ha promosso studi e indagini con tutti gli Istituti nazionali tumori Irccs (Milano, Aviano, Genova, Roma, Napoli, Bari) e con molte università; ha documentato inaccettabili disparità nell’accesso ai trattamenti terapeutici e assistenziali tra le regioni italiane; ha richiesto e ottenuto nuove leggi per garantire le tutele ai malati di cancro che vogliono lavorare, come pure per il tempestivo riconoscimento della disabilità - anche transitoria - che affligge i malati nel momento in cui iniziano il trattamento chemioterapico; ha chiesto e ottenuto l’approvazione del Piano oncologico nazionale, nel quale al volontariato è riconosciuto un ruolo centrale».

Quali le prossime sfide?
«Per quanta riguarda l’Aimac potenziare il servizio informativo nazionale che abbiamo creato, ampliarlo e fare in modo che tutti gli ospedali che hanno un rilevante accesso di malati oncologici possano dotarsi di un punto informativo. L’altra grande sfida, che riguarda tutto il volontariato oncologico, è quella di garantire a tutti i malati in Italia uguali trattamenti perché ci sono delle disparità tra le varie regioni che rendono il trattamento dei malati di cancro in alcuni casi inaccettabile e penalizzante. Poi c’è la grande disparità di accesso ai nuovi farmaci in ben 14 regioni, dove la presenza di prontuari regionali rallenta e a volte nega l’accesso ai medicinali che sono salvavita. Questo non succede in regioni come la Lombardia e il Piemonte dove il farmaco innovativo appena approvato viene immediatamente erogato. La vera sfida del volontariato è dunque evitare che con il federalismo fiscale queste disparità si accentuino».

fonte: Sanissimi n.12 di ottobre 2010