Il Sole 24 Ore Sanità del 17-23 maggio 2011

Le cure non sono uguali per tutti in Italia. Un’impietosa verità che diventa ancora più dolorosa per malattie micidiali come i tumori. E così, nonostante diversi passi in avanti - dalla recente approvazione del piano oncologico all’immediata disponibilità, almeno sulla carta, dei farmaci antitumorali innovativi - le cure restano inaccessibili per tanti italiani malati oncologici. Dai posti letto alla radioterapia fino ai medicinali: troppe restano le diseguaglianze in Italia. Tanto che molti fanno le valigie e vanno al Nord per curarsi e molti altri sarebbero pronti a partire nel caso si ammalassero, magari andando anche oltre frontiera.

Ad aggiornare la mappa del pianeta tumori è il terzo rapporto rapporto promosso dall’Osservatorio sulla condizione assistenziale dei malati oncologici costituito dalla Favo (la Federazione che riunisce le associazioni dei volontari), dal Censis, dall’Inps, dall’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), dall’Associazione italiana radioterapia oncologica (Airo), dalla Società italiana di ematologia (Sie), dal ministero della Salute e dall’Istituto tumori di Milano.

«Le disparità nelle condizioni assistenziali dei pazienti oncologici hanno implicazioni significative sui costi sociali e, in particolare, su quelli privati che pesano sui malati e sulle famiglie - ha spiegato il presidente di Favo, l’ex ministro Francesco De Lorenzo -, riteniamo prioritario portare la qualità delle cure verso i livelli ottimali indicati dalle Linee guida e ridurre efficacemente le disparità tra Regioni». Del resto il cancro, come ha sottolineato anche il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, è sempre più «una malattia cronica », visto che, secondo i dati raccolti dall’Osservatorio permanente sui malati oncologici, sono in continuo aumento i cosiddetti «lungo-sopravviventi », chi cioè ha ricevuto una diagnosi di tumore da più di cinque anni. Il numero di malati è, infatti, in netto aumento, data la copresenza di una serie di fattori che vanno dall’invecchiamento demografico all’avanzamento e alla maggiore diffusione delle tecniche diagnostiche fino alla migliorata efficacia dei trattamenti. La mortalità per patologia neoplastica rappresenta circa il 28% del totale dei decessi: è la prima causa di morte nell’età adulta. Rispetto al 1992 il numero di italiani viventi con una diagnosi di tumore è quasi raddoppiato. Oggi sono 2 milioni e 250mila (circa il 4% della popolazione) e 1 milione e 300mila persone (oltre il 57%) possono essere definite lungo-sopravviventi. «Questi dati - conclude il segretario della Favo, Elisabetta Iannelli - confermano che quella oncologica è una patologia di massa che non può più essere considerata solo sotto il profilo della risposta all’emergenza sanitaria, ma necessita di forme di supporto prolungate nel tempo, fino a interventi che facilitino il reinserimento sociale e lavorativo».

Farmaci subito disponibili. Oltre la metà degli italiani (per l’esattezza il 54,3%) è convinta - secondo un’indagine del Censis presentata insieme al rapporto - che i nuovi farmaci rappresentino le innovazioni tecnologiche e sociali che daranno maggiore impulso al cambiamento della vita in Italia nel prossimo futuro, superando addirittura le energie rinnovabili. Ma in realtà spesso l’accesso alle terapie è negato.Anche se sono stati fatti passi da gigante da quando l’accordo siglato dalla Conferenza Stato-Regioni il 18 novembre 2010 ha reso più semplici e immediate le procedure di introduzione per le cure antitumorali che possiedono il requisito dell’innovatività terapeutica: non è infatti più necessario il preliminare inserimento dei prodotti nei piani terapeutici regionali, che determinava evidenti disparità territoriali. Ma, per superare le difformità regionali, secondo la Favo, è necessario fare un ulteriore passo in avanti: «L’importante principio introdotto dalla Conferenza Stato-Regioni va applicato a tutti i farmaci oncologici, non solo a quelli innovativi», avverte De Lorenzo.

L’offerta spezzatino. In Italia i posti letto per i malati di tumore sono 6.752. Con grandi differenze tra le Regioni: in Lombardia sono 1.080, in Calabria 174. La media nazionale è di 1,1 per 10mila abitanti, unico dato in contro tendenza quello del Molise 2,1. Le dotazioni nell’area radioterapia vedono Trento distinguersi con 40,4 posti per milione di abitanti, la Toscana con 24,8 e il Friuli con 24,4, contro la media nazionale che si aggira intorno agli 11. Ma ci sono Regioni come Valle d’Aosta, Bolzano, Marche e Basilicata che ne sono completamente sprovviste. In Italia si contano in tutto 424 strutture di oncologia: anche in questo caso al di sopra della media nazionale c’è il Molise con 18,4 strutture per milione di abitanti. Sotto la media del 7,23 ci sono invece Bolzano (4,01), Basilicata (5,08), Puglia (5,64), Toscana (5,93), Friuli (5,69), Veneto (5,94), Calabria (5,97) ed Emilia Romagna (5,99).

I viaggi della speranza. Tutti pronti a fare le valigie, con il Nord come destinazione più ambita: secondo l’indagine Censis ben il 39% sarebbe pronto a migrare in un’altra Regione in caso di malattia, dato che sale al 48% per il Meridione. Il 39,1% sarebbe anche disposto ad andare all’estero per curarsi e il 3% lo ha già fatto. E il rapporto conferma la voglia di fuga: solo otto Regioni presentano, infatti, un indice di attrazione superiore all’indice di fuga, sia per i ricoveri per tumore che per i ricoveri per chemioterapia. L’indice di fuga maggiore è quello della Calabria sia per i ricoveri per tumori (55,62%) che per quelli di chemioterapia (32,86%).

Apparecchiature: solo sei Regioni in regola. L’Airo ha effettuato un censimento sulle dotazioni tecnologiche in radioterapia, in particolare sul numero degli acceleratori lineari (Linac) distribuiti sul territorio nazionale. Solo in 6 Regioni su 21 (con una assoluta supremazia del Nord) hanno raggiunto l’obiettivo fissato nel 2002 di portare il numero di questi strumenti a circa 7-8 unità per milione di abitante. Disparità, queste, che costringono chi non dispone di un servizio di radioterapia vicino al proprio domicilio a spostamenti in altre città per il periodo di cura. Altro punto critico sul quale ha posto l’attenzione l’Airo è il grado di vetustà delle apparecchiature: «Esistono in Italia ancora troppi Linac più vecchi di 10 anni che non permettono di erogare trattamenti sofisticati, contribuendo così ad aumentare le difformità ».

Costi sociali. Oltre ai costi in capo al Ssn, vanno considerati anche quelli che vengono affrontati direttamente dai cittadini: dal ticket alle prestazioni pagate per intero, dagli effetti sul lavoro e sui redditi alla dimensione psicologica, umana, relazionale, della vita sociale. Da un’estrapolazione ancora in corso del Censis si evince, per esempio, che il costo annuale a carico delle persone che rappresentano i nuovi casi di tumore alla mammella ogni anno (dato sulle sole donne) è pari quasi a 142 milioni.
Mar.B.


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