Gli ex malati hanno ricevuto meno chiamate al secondo colloquio. Ad oggi sono troppo poco sfruttate le tutele riconosciute dalla legge per chi torna in ufficio. Rientrare in attività è molto importante anche da un punto di vista psicologico

di Vera Martinella

Fonte: Corriere.it

Chi cerca lavoro e dichiara di aver avuto un tumore è svantaggiato rispetto a chi non lo svela, perché ha meno probabilità di essere assunto. È la conclusione a cui è giunta un’indagine condotta negli Stati Uniti su 200 individui, da poco pubblicata sulla rivista scientifica dell’Associazione Americana di Psicologia Journal of Applied Psychology. Gli studiosi si sono concentrati sulla ricerca di addetti alla vendita al dettaglio in negozi di tre grandi centri commerciali e hanno fatto un confronto fra due tipi di candidati: quelli che avevano dichiarato (nel loro curriculum e al primo incontro) di essere stati in cura per una neoplasia e quanti invece avevano preferito tacere in proposito. Chi cerca lavoro e dichiara di aver avuto un tumore è svantaggiato rispetto a chi non lo svela, perché ha meno probabilità di essere assunto. È la conclusione a cui è giunta un’indagine condotta negli Stati Uniti su 200 individui, da poco pubblicata sulla rivista scientifica dell’Associazione Americana di Psicologia Journal of Applied Psychology . Gli studiosi si sono concentrati sulla ricerca di addetti alla vendita al dettaglio in negozi di tre grandi centri commerciali e hanno fatto un confronto fra due tipi di candidati: quelli che avevano dichiarato (nel loro curriculum e al primo incontro) di essere stati in cura per una neoplasia e quanti invece avevano preferito tacere in proposito.


Chi cerca lavoro e dichiara di aver avuto un tumore è svantaggiato rispetto a chi non lo svela, perché ha meno probabilità di essere assunto. È la conclusione a cui è giunta un’indagine condotta negli Stati Uniti su 200 individui, da poco pubblicata sulla rivista scientifica dell’Associazione Americana di Psicologia Journal of Applied Psychology . Gli studiosi si sono concentrati sulla ricerca di addetti alla vendita al dettaglio in negozi di tre grandi centri commerciali e hanno fatto un confronto fra due tipi di candidati: quelli che avevano dichiarato (nel loro curriculum e al primo incontro) di essere stati in cura per una neoplasia e quanti invece avevano preferito tacere in proposito.

Gli ostacoli
Gli esiti della ricerca svelano che, a parità di esperienza e preparazione professionali, gli ex malati hanno ricevuto meno chiamate per un secondo colloquio. «Come sottolineano gli autori dell’indagine esistono discriminazioni e preconcetti ancora difficili da superare - dice Elisabetta Iannelli, vicepresidente dell’Associazione italiana malati di cancro (Aimac), che si occupa dei diritti dei malati oncologici e segretario nazionale della Federazione delle Associazioni di Volontari in Oncologia (Favo) -. Diverse ricerche e l’esperienza sul campo dimostrano però che questi ostacoli possono essere superati sia con incentivi all’occupazione per gli ex malati, sia con una corretta informazione che favorisca un cambiamento culturale».

Il 5% della popolazione vivo dopo il tumore
Secondo le stime più recenti oggi circa 3 milioni di italiani sono vivi dopo un tumore (quasi il 5% della popolazione) e oltre 700mila connazionali hanno affrontato una diagnosi di cancro in età produttiva. A qualsiasi età si sviluppi la malattia, per i pazienti riprendere le attività quotidiane non appena possibile è importante: «È facile da capire come il rientrare in ufficio possa servire a livello psicologico, anche durante, e non solo dopo, i trattamenti - spiega Francesco Cognetti, presidente della Fondazione Insieme contro il Cancro -. Aiuta a distrarsi, a restare in contatto con il mondo esterno, a rafforzare l’umore e persino a trovare le energie per proseguire l’iter terapeutico che può essere lungo mesi, talvolta anni». E se una buona parte dei guariti, chiuso il periodo delle cure, riesce a tornare alla normalità, non sono pochi quelli che invece devono continuamene affrontare problemi ben oltre la fatidica soglia dei «cinque anni» di controlli. Anche in questo caso il reinserimento lavorativo è, oltre che un diritto, un sostegno (economico e psicologico) rilevante.

Certo va affrontato apertamente in azienda il problema delle eventuali ricadute di malattia o dei possibili cambiamenti che le terapie o il tumore hanno comportato per la persona. «È necessario far passare il messaggio che di cancro si guarisce, davvero, sempre più spesso - aggiunge Cognetti, che è anche direttore dell’Oncologia Medica 1 all’Istituto Tumori Regina Elena di Roma -. Ed è in crescita anche il numero di persone che convivono con la neoplasia per anni». «D’altronde - conclude Iannelli -, vanno applicate le leggi esistenti (ancora poco sfruttate) che regolamentano il rientro in azienda dei pazienti oncologici e consentono a malati e familiari di vivere dignitosamente, con tutele giuridiche e benefici economici. Sono previsti, oltre al riconoscimento dell’invalidità, cambi di mansioni, passaggio al part time o al telelavoro e varie altre soluzioni che offrono garanzie sia per i datori di lavoro sia per i lavoratori».

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